Dalle Dolomiti al Gran Sasso nel segno della Pace | il diario

Il viaggio della bandiera della PACE. Un pensiero per la PACE dalle Dolomiti al Gran Sasso.

di Giuliana Gislimberti | il diario

Tutto ebbe inizio da quel 24 febbraio 2022 quando iniziò la guerra in Ucraina.
Ci sentimmo con Elvio Marzari per telefono qualche giorno prima per programmare, per quel fine settimana, una delle tante gite in montagna, qualche cresta da percorrere, magari mettendo nello zaino piccozza e ramponi come solitamente usiamo fare visto anche che eravamo nella stagione invernale.

Con Elvio siamo amici dal 2017, quando, grazie ad una uscita con la Sat di Brentonico, dove siamo entrambi iscritti, abbiamo attraversato assieme nella stessa cordata il ghiacciaio del Monte Bianco e salito la cresta dell’Aguille du Midi. Io di Lavis, lui di Cornè, dopo quel giorno abbiamo iniziato a percorrere assieme creste, ghiacciai, cime, vallate, ore e ore di cammino.
Lui è la mente, io lo seguo, mi da sicurezza, aspetta il mio passo lento e mi incoraggia.
Abbiamo una passione in comune, la storia della Guerra Bianca. Più che passione è stato il rendersi conto, camminando su diversi sentieri, di quanto sia stata “assurda” una guerra sulle nostre bellissime montagne, quanti giovani hanno perso la vita, quanto dolore.

Giuliana Gislimberti e Elvio Marzari sulla Cima Mesolina, ferrata Trincee al Padon dal Passo Fedaia – Marmolada
(foto archivio Giuliana Gislimberti)

Eravamo su Cresta Croce nel 2018 e la sera prima ci siamo soffermati davanti a quella campana vicina all’altare di Papa Giovanni Paolo II presso il Rifugio Ai Caduti dell’Adamello.
C’era silenzio, un grande silenzio, il vento soffiava e Elvio, come fa sempre su tante cime dove arriviamo, si allontanò per qualche minuto. Mi lasciò sola a pensare. Mi guardavo in giro, con l’occhio verso quelle cime meravigliose e pensavo. Pensavo a quanti lassù hanno lasciato la loro giovane vita, sia che siano stati italiani o tedeschi. E mentre guardavo verso la cima, la nuova croce di Cresta Croce, con la vista nel vuoto, arrivò un forte vento che con un tocco fece rintoccare la campana….. mi girai e piansi.

Da lì capii quanto dolore c’è stato sulle nostre montagne. Capii nel profondo i racconti della mia nonna, dei miei genitori, di quando mi raccontavano dei miei nonni Carlo e Davide che entrambi avevano partecipato alla guerra in Russia, di quando la mia mamma, quando eravamo piccoli, mentre si camminava su per i sentieri, sulle mulattiere del Lagorai, ci raccontava la storia della Guerra Bianca, la guerra nei ghiacciai, nella neve, nel freddo, nelle trincee, della Città di Ghiaccio in Marmolada e in Adamello e si cantavano le canzoni degli alpini “Era una notte che pioveva e chi tirava un forte vento, immaginatevi che grande tormento per un alpino che sta a vegliar….”poveri ragazzi.

Quel giorno su Cresta Croce, con Elvio, mi “innamorai” di quel Cannone che siamo andati a vedere sulla cresta, ho abbracciato quelle ruote di legno e chiodi, mi sono appoggiata con la mano e ho sentito e visto la grande sofferenza di coloro che l’avevano portato lassù sotto la neve, il freddo, trascinato di notte e di giorno per mesi e mesi, cercando di non essere visti dal nemico.
Dentro di me continuamente mi arrivava la parola “Assurdo!” “Assurdo!”

Da lì è partito tutto il nostro percorso di camminare assieme.
Per caso, qualche tempo dopo, Elvio mi propone di andare al Rifugio Garibaldi da Temù, in Val Camonica e da lì al Passo e alla Cima del Venerocolo. Senza saperlo sono passata dallo stesso percorso che avevano fatto i soldati durante la Prima Guerra Mondiale per trasportare quel Cannone di Cresta Croce. Mettere i piedi su quel sentiero, in mezzo alla neve alta, mi ha fatto nuovamente pensare. Arrivare sulla Cima del Venerocolo e vedere tutta la spianata del ghiacciaio del Mandrone, del Pian di Neve e nuovamente Cresta Croce mi ha entusiasmata e allo stesso tempo commossa. Quanto belle erano quelle cime, ma c’era sempre la solita domanda “perché l’uomo ha voluto portare tanto dolore tra quello spettacolo di montagne?”
L’amore per questi percorsi ha preso in me il sopravvento e così involontariamente Elvio iniziò a propormi gite dove non c’era solo la montagna, ma la montagna nella storia.

Il tempo è passato, altri percorsi e altre scarpinate e quando un giorno di fine febbraio di quest’anno mi chiamò per dirmi se mi andava bene fare una gita verso qualche cima delle Maddalene, si è iniziato anche a parlare della guerra scoppiata qualche ora prima in Ucraina.
Gli dissi che mi aveva fatto star male vedere in tv che nel 2022 stavano scavando trincee nel terreno, sì trincee simili a quelle che avevamo percorso nelle nostre gite sulle montagne. A quel punto io gli dissi quanto mi sarebbe piaciuto dare un segno per la pace dalle montagne e gli proposi di portare la bandiera della PACE sulle cime che avremmo toccato in futuro. Mi rispose tranquillamente come è il suo modo di fare e senza tante parole “Ce l’ho io la bandiera…!”
Era come mi dicesse “Io ho la bandiera, tu hai l’idea”, uniamo il tutto e il nostro piccolo progetto può partire.

Giuliana ritratta sulla Cima Tonale Orientale
(foto archivio Giuliana Gislimberti)

La domenica partimmo per le Maddalene ma non sapevo se si fosse ricordato di quello che avevamo detto e quindi non domandai nulla durante il percorso.
Arrivati vicino a Pian Palù, vedendo via il Cevedale, la Presena, il Tonale, io iniziai a pensare.
Elvio mi disse: se vuoi ce l’ho….. (pensai cos’è che ha?).
Tirò fuori dallo zaino, piegata amorevolmente, la bandiera della PACE. Mi misi sul sasso più alto che c’era lì vicino e con tutto il cuore e a voce alta, con la bandiera che sventolava, gridai PACE.

Da quel giorno la nostra bandiera con i colori dell’arcobaleno e la scritta PACE è con noi, sempre nello zaino di Elvio, piegata sempre amorevolmente con cura come fosse una reliquia.
Fa i nostri stessi percorsi tra creste, ghiacciai, trincee, grotte scavate nella montagna che servivano da osservatori. Percorre con noi quei sentieri dove tante volte ci troviamo a camminare ore in silenzio, a non parlare, ad ascoltare il nostro passo e guardarci attorno.

Da Pian Palù è arrivata su Cima Cornicolo sulle Maddalene, Cima Casaiole, Cima Tonale Occidentale, Cima Cadì, tutte sul Tonale, Punta Ercavallo da Case di Viso in Val Camonica, tra i percorsi del libro “Tracce di Memoria” scritto dall’amico Michele Ravizza , è arrivata su Cima La Mesolina (ferrata delle Trincee del Padon verso la Marmolada) e su Cima Undici in Val Monzoni.
La stiamo portando con noi, in giro per il Trentino ma non solo, ormai fa parte del nostro zaino, è una compagna di cammino ed è per questo che abbiamo voluto portarla con noi anche sulle cime del Gran Sasso in Abruzzo, sul Corno Piccolo, sulla cima ventosa del Corno Grande Orientale e su quella del Corno Grande Centrale, insomma anche in giro per le montagne d’Italia, perché la PACE deve essere ovunque, da nord a sud, da est a ovest, in qualsiasi parte del mondo.

E il giorno che l’abbiamo portata sul Corno Orientale e su quello Centrale il nostro pensiero immenso e silenzioso, assieme ad una preghiera, è andato anche a tutte le vittime della Marmolada (solo la sera prima avevamo saputo di quanto era successo). Una dedica a loro, agli alpinisti che erano lassù sul ghiacciaio, che ora riposino nella pace della montagna e alla nostra grande Marmolada che ora sembra sia avvolta solo dalla tristezza e dalla pace di un grande silenzio.

Giuliana Gislimberti e Elvio Marzari con la bandiera della pace in vetta al Corno Grande Centrale (foto archivio Giuliana Gislimberti)

Il viaggio della bandiera è solo un piccolo gesto per essere partecipi anche noi nel costruire un mondo migliore e per dire con voce forte, MAI PIU’.